sabato 9 giugno 2012

Il mondo è tondo



Vi racconterò la storia di un mondo lontano anni luce dal nostro, talmente lontano da non appartenere nemmeno alla nostra galassia. Tanto distante, eppure tanto simile. Di diverso dalla nostra Terra c’era poco, se non che il tempo sembrava essersi fermato a qualche secolo prima: le strade d'asfalto dovevano ancora ricoprire il suolo fertile e il fumo nero delle industrie non si era ancora mescolato con il bianco delle nuvole.
Ma ciò che di più strano accadeva era la nascita di persone a metà. Non è che nascessero sempre così, per lo più nascevano persone complete, proprio come noi, ma a volte poteva capitare che il corpo e il cuore prendessero vita in due entità separate. Nascevano insieme, ma divisi, nello stesso preciso istante e nello stesso preciso luogo, eppure erano destinati a consumare la loro esistenza uno al fianco dell'altra per completarsi a vicenda.
Erano due diverse facce della stessa medaglia.
Era un'uggiosa mattina di autunno quando il cuore e il corpo di cui mi accingo a raccontarvi la storia vennero al mondo. Quando per la prima volta schiusero i loro piccoli occhi, si trovavano in una foresta che sembrava dimenticata dal mondo.
Capitò però che il corpo, quella volta, decise di ribellarsi a ciò che a lui pareva un ingiusto destino. Vivere sempre al fianco di un'altra“persona” - se così possiamo definire un individuo a metà – gli sembrava una condanna. Guardò il cuore dritto negli occhi e gli disse che se ne sarebbe andato e mai più si sarebbero rivisti.
- Voglio vivermi la mia vita a modo mio, non voglio essere la tua ombra – disse il corpo furibondo. Era arrabbiato con la vita che gli aveva giocato quello scherzo infame.
Sarebbe stato felice anche senza un cuore e nulla al mondo glielo avrebbe impedito.
Così partì. Viaggiava senza avere una meta precisa. Provò sulla propria pelle il freddo della neve e il caldo del fuoco, l'umido della rugiada sui fili d'erba e l'aridità della terra d'estate, il dolce del miele e il salato del mare.
Quante cose si sarebbe perso a vivere in quella foresta solitaria!
Portava con sé sempre un quadernino e una matita e ogni giorno scriveva quello che aveva scoperto, in modo da non dimenticarselo mai. Alcune delle prime cose che aveva scritto, erano state che il sole illumina e riscalda, che d'autunno cadono le foglie e in primavera sbocciano i fiori.
Non si poteva certo dire che la sua fosse una vita agiata.
Finché il suo aspetto era stato quello di un bambino, era riuscito a sopravvivere con le elemosine, facendo compassione ai cuori più teneri, che vedendolo solitario e povero, gli davano qualche moneta per poter campare, ma crescendo le cose erano cambiate.
Dovette iniziare a lavorare e non appena riusciva a mettere da parte i soldi necessari per la fuga successiva, partiva, se ne andava...
Se la vita lo aveva creato per tenerlo prigioniero, ecco che lui invece voleva sfidarla ed essere libero più di quanto le sue condizioni gli permettessero. Spese tutti i suoi soldi e approdò in terre magnifiche dove percepì nuove sensazioni. Scoprì quanto delicato fosse il petalo di un fiore e quanto pura potesse essere l'aria di montagna, quanto amara potesse essere la birra e quanto dissetante l'acqua dopo lunghe giornate passate sotto il sole cocente. Di nuovo lavorò e accumulò denaro, per poi spenderlo e viaggiare ancora.
Ogni tanto il suo pensiero correva alla parte di sé che aveva lasciato, il cuore, e si immaginava cosa stesse facendo in quel momento. Era sicuro che il cuore era altrettanto felice di non dover passare la vita interamente al suo fianco e che, come lui, aveva provato ad avere una vita normale, come una persona completa.
Aveva iniziato a scrivere su quel quadernino anche piccoli pensieri e riflessioni che tuttavia apparivano sterili e inconcludenti.
Gli anni passavano e il corpo continuava a spostarsi e ogni volta sentiva di dare uno schiaffo al destino che lo aveva fatto nascere a metà. Ogni volta che i suoi piedi calpestavano un suolo nuovo, era più lontano da quella foresta, era più libero... questo era quello che credeva.
Un giorno, infatti, in lontananza cominciò a scorgere una foresta.
Un sottile strato di nebbia la avvolgeva.
Si incamminò verso quella fila d'alberi e per la prima volta provò il gelo nelle ossa, poi continuando ad addentrarsi, si lasciò quella leggera foschia alle spalle.
Più camminava, più aveva la sensazione di conoscere quel posto.
Si ritrovò a pochi metri da un ruscello che scorreva tranquillo davanti ai suoi occhi e, tra lui e quel ruscello, stava accovacciato un uomo, con un logoro mantello a coprirlo. Il corpo si avvicinò a quella figura e, quando quella si voltò, ebbe un tuffo al cuore. Era la prima emozione che provava dopo tanti e tanti anni, e il motivo per cui l'aveva potuta sentire era che il suo cuore era proprio lì davanti a lui.
- Cuo... cuore? - disse il corpo balbettando.
- Finalmente sei tornato – rispose quello scrollando il capo per far cadere il cappuccio e mostrargli il suo delicato sorriso.
– Questo è il luogo in cui siamo nati, allora. Non mi sbagliavo. Che strana coincidenza essere entrambi qui... come hai vissuto la tua vita? – domandò allora il corpo sedendosi al fianco del suo compagno.
– Ho speso la mia vita ad aspettarti. E il fatto di ritrovarci proprio qui non è affatto una coincidenza. Io sono sempre rimasto in questa foresta. Non so cosa si cela al di là di questi alberi e della vita non so niente. Finalmente, però, ora che tu sei tornato, potremo uscire e gustarci il tempo che ci è rimasto – rispose il cuore.
- Tu... non sei mai uscito di qui? Hai sbagliato, mio compagno. Il mondo là fuori è meraviglioso e vale la pena di essere vissuto credimi. Io mi sono ritrovato qui per sbaglio e non ho alcuna intenzione di rimanere con te per sempre. Voglio essere libero -
Il cuore sorrise di nuovo, prima di replicare.
- Oh, tu non ti sei ritrovato affatto qui per sbaglio. Tu hai passato la tua intera vita a fuggire. A fuggire dal tuo destino che ti aveva legato inesorabilmente a me e a fuggire da questa foresta. Ma, hai dimenticato una cosa, purtroppo. Il mondo è tondo e alla fine ti sei ritrovato a rincorrere la cosa da cui stavi disperatamente cercando di fuggire. Ogni volta che facevi un passo lontano da qui, allo stesso tempo ne stavi facendo uno verso di me. Sapevo che un giorno saresti tornato e io sono rimasto qui ad aspettarti. -
– Ma perché, cuore? Perché mi hai aspettato? - chiese il corpo senza capire.
- Perché sarebbe stato inutile andarmene senza te. Tu hai macinato chilometri e chilometri, eppure conosciamo la vita allo stesso modo. Tu conosci senz'altro il calore del fuoco e il freddo del ghiaccio, ma non hai mai conosciuto il calore di un abbraccio e il freddo del terrore. Hai conosciuto l'umido dell'erba, ma non hai mai sentito quello di una lacrima. Che senso ha avuto il tuo vagare se, alla fine, conosci il mondo solo a metà e non ne comprendi la sua infinita bellezza? -
Il corpo non seppe cosa rispondere e rimase in silenzio ad osservare il ruscello che, davanti ai suoi occhi, scivolava verso chissà quale oceano. Poi cominciò a piangere perché si rese conto di quanto vana fosse stata la sua vita fino a quel momento e per la prima volta sentì il calore delle lacrime. Tirò fuori il suo quadernino mentre stava ancora piangendo e strinse la matita tra le dita. Poi, nell'ultima pagina, in bella grafia scrisse: Il mondo è tondo. E' inutile provare a fuggire.
Il cuore si alzò sulle sue deboli gambe e accolse il corpo sotto il suo mantello caldo, ed insieme si incamminarono verso il mondo.
Il cuore per la prima volta scoprì quanto soffice fosse l'erba e quanto fresco il vento che li sospingeva ad uscire da quella foresta. Il corpo, invece, per la prima volta scoprì cos'era veramente la libertà.

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